Camminare fa bene. Sembra una frase fatta.
E invece camminare, fare trekking, muoversi per sentieri più o meno difficili riesce a rilassare e mettere in sintonia corpo e spirito.
Andando a correre, ma soprattutto andando per sentieri immerso nella natura, ho sempre percepito che qualche cosa in me cambiava.
Movimento, tranquillità, suoni, colori e contatto con la natura ti catapultano in un'altra dimensione.
Il respiro, che lentamente prende ritmo e scandisce il movimento, la mente che si perde tra i colori, la luce del sole che filtra tra le foglie del bosco, il cantare degli uccelli, lo scricchiolio delle foglie e il rumore del nostro respiro che chiude il cerchio.
Tutte esperienze che ho sempre considerato importanti per stare bene, con me stesso e con il mondo che mi circonda.
Mi ha sempre fatto riflettere quanto la montagna e il camminare possano far bene alle persone. Il mio ricercare spiegazioni sempre più approfondite mi hanno portato ad interessarmi, a grandi linee, della relazione che l'educazione e la psicologia hanno con la montagna.
E' così che mi sono informato, ho cercato, spulciato siti internet, scoprendo quanto è stato scritto sulla Montagnaterapia. L'esperienza dell'andare in montagna, di percorrere sentieri, dello scoprire la natura sono tutti strumenti di cura e prevenzione per persone con fragilità, ma non solo.
Ho scoperto l’esistenza dell’approccio BIO-PSICO-SOCIALE. Probabilmente per molti non è una novità, ma per me è stato finalmente il modo di poter iniziare a pensare al benessere mio e di quello di tutte le persone attraverso la somma di questi tre elementi.
Il benessere, che non significata assenza di malattia, difficoltà, disabilità ecc., è l’interconnessione del nostro corpo, della nostra mente e del luogo che abitiamo, con cui entriamo in relazione e di cui facciamo esperienza.
Le esperienze che il nostro corpo e la nostra mente compiono modifica il nostro stato di benessere.
Molto spesso l’ambiente non possiamo sceglierlo e modificarlo secondo le nostre esigenze, come ad esempio il luogo di lavoro o il luogo dove viviamo, per motivi relazionali o economici.
Ci sono però ambienti con cui possiamo entrare in relazione che è possibile scegliere, poiché riteniamo benefici per il nostro essere.
La scelta dunque di sperimentare il luogo montano attraverso l’azione del camminare è da considerarsi come terapeutico-riabilitativo e/o socio-educativo, finalizzata alla prevenzione o alla cura di tutti gli individui portatori o meno di difficoltà, problematiche, patologie o disabilità.
Gli effetti della montagna e del percorrerla a piedi possono agire sulla nostra parte “BIO”, poiché il nostro corpo si attiva e si muove con movimenti che spezzano la routine. Grazie ad un respiro regolare il corpo avanza passo dopo passo. È innegabile che il nostro fisico sperimenti anche la fatica e soprattutto il limite. Il procedere a piedi ti aiuta a comprendere però che due aspetti tendenzialmente categorizzati come negativi (fatica e limite) sono naturali e necessari per tendere alla crescita e al miglioramento.
Dal punto di vista “PISCO”, attraverso il camminare, la mente rielabora pensieri ed esperienze passate in un tempo di silenzio e ascolto di se stessi. Anche in questo caso, è possibile sperimentare il limite che, oltre ad essere fisico, ha una conseguenza anche sulla nostra mente. Pensiamo di non essere “in grado”, “all’altezza”, “di non farcela”. È in questo momento che la nostra mente deve andare a rintracciare sentimenti e pensieri di positività e autostima che possono aiutare nel cammino verso la vetta. Anche se non arriveremo alla destinazione prefissata, avremo sperimentato la difficoltà, la crisi, ci saremo messi in gioco. Questi apprendimenti ci spingono a provare di nuovo e probabilmente più preparati ad affrontare la sfida.
Infine, il camminare, agisce sulla nostra sfera “SOCIALE”. Siamo esposti all’imprevedibilità degli incontri, alla natura con le sue leggi e in generale ad un ambiente che non possiamo controllare. Passo dopo passo entriamo in relazione con una “cultura” completamente differente che è quella della flora e della fauna. Questa strana dimensione sociale arricchisce il nostro immaginario con la semplicità e i colori. Possiamo anche sperimentare la difficoltà e la solitudine poiché un bosco, un fiume, una roccia, non parlano la nostra lingua. Grazie alla sperimentazione della solitudine si modifica il nostro desiderio di entrare in relazione con altre persone e riusciamo a coglierne il significato più profondo. Quando dunque incontreremo un camminatore lungo il sentiero ci accosteremo con silenzio e rispetto nell’attesa di assaporare la relazione umana.
Tutto questo mi ha spinto a partire. Per far conoscere a più persone possibili la bellezza del camminare e la Montagnaterapia come cura e prevenzione delle nostre fragilità umane.