Lunedì – 10 maggio - Come da previsioni oggi si prospetta una giornata stupenda. Mi sveglio nel comodo bivacco mentre fuori sorge il sole e i cavalli continuano a pascolare tranquilli. Con le prime luci mi metto velocemente in marcia salendo sulla sommità del monte Morrone e,anche se il percorso sarebbe dovuto passare un poco sotto, non ho resistito al richiamo della vetta.Ne è valsa la pena: mi attende infatti un panorama a 360°che spazia su tutte le cime della zona: Gran Sasso, Maiella, monte Sirente e Velino e, per finire, tutta la cresta del monte Morrone che avrei cavalcato da lì alle prossime ore. Per prati e creste giungo al rifugio ‘Iaccio Grande’ da dove comincia la parte più tecnica che mi rallenta un pò: sulla cresta si snoda un sentiero molto bello e panoramico che presenta però alcuni passaggi esposti su rocce calcaree. Lo zaino non facilita certo la progressione e a metà mattina ho percorso solo pochi chilometri. Come capita spesso, verso la fine delle difficoltà cala l’attenzione e, in un attimo di distrazione, prendo una distorsione alla caviglia. Non sembra grave e spero non mi dia problemi nelle prossime ore! Tramite cresta arrivo fino a Monte Rotondo, altro punto panoramico e ultima cima per oggi. Da qui lo sguardo spazia lontano: davanti a me solo il Gran Sasso. Ci osserviamo per qualche istante. Il sentiero ora punta verso valle, ripido, veloce e mi permette di perdere rapidamente quota. Passo dal rifugio Monte Corvo e dal Centro Visite del Parco dove conosco Salvatore, assiduo fans che sta seguendo la mia avventura tramite Istagram e le newsletter e che ci teneva a fare la mia conoscenza. Dopo pranzo raggiungo il borgo di Popoli passando nei pressi delle sorgenti del fiume Pescara, un piccolo paradiso dove il fiume affiora alla superficie creando un gioco di trasparenze e colori d’incredibile bellezza. Da qui una lunga strada sterrata procede parallela al corso del fiume Tirino (che si dice sia uno dei fiumi più puliti d’Europa!) portandomi verso la sua sorgente. Anche queste acque sono così colorate che nemmeno Photoshop può rendere le effettive tonalità di verdi e di azzurri che si mescolano in miliardi di sfumature. Lungo il fiume ci sono diverse minuscole sorgenti che arrivano direttamente dal fondo arricchendo queste acque di minerali formando le tipiche “polle†d’acqua e dando a queste aree senza vegetazione un colore turchese davvero impressionante. Questa camminata pomeridiana sotto il sole cocente e senza nessuna protezione data dalla vegetazione o da qualche nube, è una vera sofferenza. Faccio l’ultimo sforzo per raggiungere l’abitato di Ofena, posto alle pendici della salita che mi porterà a Campo Imperatore e mi fermo per la notte sotto il porticato di un vecchio convento dei frati.

Martedì – 11 maggio - Appena sveglio il pensiero va immediatamente alla distorsione di ieri; comincio a muovere la caviglia e mi accorgo che, a parte un vago indolenzimento in alcune posizioni, per fortuna non fa troppo male. La notte ha migliorato notevolmente la situazione. Ottimo! Le previsioni del tempo davano qualche nuvola per oggi, condizione perfetta per affrontare i quasi 2000 metri di dislivello che da Ofena mi avrebbero condotto fino al rifugio Duca degli Abruzzi. Al mio risveglio invece in cielo nemmeno una nuvola e il termometro alle 7,30 di mattino segna già 20°!! Cammino e sudo immerso in un paesaggio completamente brullo. Continuo a salire passando per il paesino di Castelvecchio Calvisio che mi dona una stupenda visuale su Rocca Calascio e, poco sopra, per Santo Stefano di Sessanio altro piccolo borgo definito ‘un cammeo incastonato tra i monti’. Mi rifornisco in un minuscolo negozio che chiamare ‘alimentari’ è dir tanto, ma questo passa il convento. Da qui il sentiero prosegue in salita in maniera più decisa snodandosi tra colli verdeggianti e altipiani chiamati ‘Campi’, attraverso un paesaggio davvero suggestivo. Supero Campo delle Ginestre, due laghetti e, poco dopo Campo Nevada, raggiungo la sella: di fronte a me, immenso, imponente, magico, il Gran Sasso. Da questa angolazione sembra ancora più bello a vedersi, così massiccio e solido, circondato da prati verdi e pascoli. Raggiungo Campo Imperatore giusto in tempo per fare rifornimento d’acqua prima che chiuda la funivia, e proseguo con calma per gli ultimi 300 metri di dislivello che mi separano dal rifugio.Intanto il tempo si rannuvola e l’atmosfera si fa più misteriosa. Il Gran Sasso sembra giocare a nascondino tra la fitta nebbia mossa dal forte vento. Domani il tempo promette sole e come obiettivo ho la vetta del Corno Grande dalla via Direttissima insieme ad un ragazzo che mi ha procurato tutta l’attrezzatura necessaria: ramponi, scarponi e piccozze. Non vedo l’ora!

Mercoledì – 12 maggio - Giornata memorabile anche se non comincia con il piede giusto. Mi sveglio nel bivacco ricoperto di umidità perchè ieri sera ho cucinato all’interno senza poter aprire le finestre a causa del forte vento. Getto uno sguardo all’esterno e mi accorgo che fuori tutto è completamente bianco, whiteout completo, non capisco se a causa della nebbia o della neve!! Mi alzo e, mentre aspetto che bolla l’acqua per il the, mi bardo tutto e esco a vedere la situazione: un forte vento con raffiche che stimo intorno ai 70-80Km/h, mi sferza il viso con la neve scesa durante la notte e tutto è avvolto in una coltre di nebbia. A tratti la visuale si apre lasciandomi intravedere la vetta tanto agognata che, con questa situazione meteo di visibilità pressoché nulla, sembra irraggiungibile! Rientro, faccio un’abbondante colazione, sistemo lo zaino e mi preparo per tornare a Campo Imperatore dove incontrerò Giuseppe, Accompagnatore di media montagna, che si è offerto di portarmi l’attrezzatura alpinistica necessaria e di accompagnarmi nella salita. Alle 8,30 arriva la funivia da cui scende un plotone dell’esercito salito per un’esercitazione e infine Giuseppe con la sua compagna. Vista la situazione critica di vento e nebbia i due decidonoprontamente di rinunciare alla vetta, mi lasciano l’attrezzatura e mi consigliano di lasciar perdere l’impresa e scendere direttamente dalla Val Maone. Indeciso sul da farsi, risalgo al bivacco per farmi un the caldo, infilo i ramponi e mi avvio per la crestina che mi avrebbe portato verso la sella del Monte Aquila e da lì verso valle. Da solo, in mezzo alla nebbia, senza tracce ormai nascoste dalla nevicata notturna, proseguire mi sembra un po’ un azzardo. Ad un tratto la nebbia si apre facendomi scorgere le sagome dei militari che lentamente risalgono il canale: sparisce ogni titubanza e subentra l’orgoglio; ora le tracce ci sono e non rischio di sbagliare la salita percorrendo una strada che non conosco. Imbocco il canale che si rivela meno ripido del previsto e, poco sotto la vetta, dove la traccia di salita incrocia quella che sale dai Prati di Tivo, incrocio due ragazzi con gli sci che decidono di ritornare in vetta con me e mi danno due dritte per la discesa attraverso il ghiacciaio del Calderone. Dopo le foto di rito loro calzano gli sci e velocemente spariscono alla mia vista, trascinati dalla forza di gravità verso valle. Io osservo per l’ultima volta il panorama che ogni tanto sbuca dalla fitta nebbia, poi mi incammino e a tratti corro, aiutato dai ramponi e seguendo le tracce lasciate dai loro sci. Arrivo al rifugio Franchetti, tolgo i ramponi e raggiungo Prati di Tivo dove, con grande sorpresa, i due ragazzi si sono fermati ad aspettarmi. Festeggiamo l’emozione di aver raggiunto la vetta con un fresco birrone accompagnato da un saporito panino alla salsiccia e cime di rapa presi in compagnia al bar ‘tana dell’orso’. Mi raggiunge qui anche Pier Michele, responsabile della pagina Istagram della Compagnia del Ravanello, e con lui percorro l’ultimo tratto di sentiero fino a Pietracamela dove mi ha prenotato un accogliente alberghetto. Mi ritrovo, la sera, con tutti gli amici della ‘Compagnia’ rallegrando la cena con chiacchere, risate e l’immancabile vino e terminando con una divertente diretta Istagram. Riesco a sfogarmi un po’ con loro riguardo ad un mio cruccio: non mi sembra possibile che di questo mio progetto, utile anche per pubblicizzare il Sentiero Italia CAI, non ci sia molto interesse da parte delle istituzioni mentre trovo aiuti e solidarietà da parte di chi mi segue tramite i social. Con il coprifuoco mi sono messo a letto e sono crollato all’istante con ancora le belle immagini di oggi impresse nella memoria.

Giovedì – 13 maggio - Mi sveglio relativamente tardi, riposato e nel tempore della cameretta, aspettando che sia pronta la colazione alle 7,30. Parto alla volta del lago di Campotosto percorrendo il verdeggiante e rigoglioso versante teramino e attraversando una vetusta foresta composta da enormi e vecchi faggi in lista per diventare patrimonio dell’Unesco e oggetto di studi universitari. Pranzo nel piccolo paese di Nerito in compagnia di alcuni ragazzi di Emergency che si sono appassionati al mio viaggio. Il tempo di rimettermi lo zaino in spalla e comincia a diluviare come da previsioni. Sotto scrosci d’acqua e leggere schiarite raggiungo il lago Campotosto, il più grande lago artificiale d’Abruzzo, e da qui il piccolo paese omonimo dove sono ancora visibili i segni lasciati dal terremoto, evidenziati anche dalla presenza di container ovunque. Mentre faccio la spesa e cerco un posto per la notte, l’accoglienza, propria dei posti di montagna, si manifesta nella proposta, da parte del sindaco, di usufruire della casa della comunità: una struttura riscaldata con bagno e cucina. Visto il clima e l ‘altitudine (mi trovo a 1400 mt di quota) approfitto di buon grado dell’ospitalità e passo la serata in compagnia di un gruppo di ottantenni trattenutosi a giocare a carte fino al coprifuoco.

Venerdì – 14 maggio -  Mi sveglio il mattino presto e mi metto subito in marcia osservando il paese, ancora devastato dal terremoto, che comincia a risvegliarsi alle prime luci dell’alba. Entro ben presto nel massiccio montuoso dei monti della Laga, tra boschi di faggio e abete bianco e attraverso la caratteristica e verdeggiante vallata che il fiume Tordino ha scavato tra canyon, cascate e anse. Peccato che l’ormai immancabile pioggia mi raggiunga anche oggi, proprio durante una lunga traversata nell’erba alta: mi ritrovo completamente zuppo e sferzato dal vento. Scendo di quota fino ad arrivare alla località Al Ceppo dove mi attende, felice di accogliermi, il rifugista Luca, insieme agli onnipresenti amici della ‘Compagnia del Ravanello’. Con loro festeggio la mia ultima sera in Abruzzo.

Sabato – 15 maggio -  Faccio colazione al mattino presto con Luca e lo saluto, con la promessa di rivedersi presto. Mi avventuro nella valle del torrente Castellano che nasce dalle vette dei monti della Laga, segnando per quasi tutto il tragitto il confine tra Marche e Abruzzo. Entro quindi, di prima mattina, in territorio marchigiano. Nel borgo di S. Martino spero di trovare un negozio di alimentari per fare rifornimento di pane ma, dopo il terremoto, non rimane più nulla di aperto. Per fortuna una gentile signora riesce a recuperarmene un po’: il mio pranzo è salvo! Imbocco una bella mulattiera, che a tratti diventa sentiero e che raggiunge la vetta del monte Macera della Morte. Da qui un breve ingresso in territorio laziale, per poi proseguire attraverso i monti della Laga e, dopo aver attraversato il Tronto, verso i monti Sibillini. Arrivo all’Agriturismo Alto Montagna Bio verso sera. Mi aspetta un’accoglienza famigliare che mi fa sentire come a casa e un nuovo pacco di cartine che mi permette sostituire le vecchie. Ceno con la bella famiglia proprietaria dell’agriturismo e, per stare più al caldo, approfitto dell’ospitalità e mi rifugio in una piccola casetta costruita apposta per gli ospiti.

Domenica – 16 maggio -  Mi sveglio tardi a causa delle chiacchiere che, ieri sera, si sono prolungate fino a tardi e aspetto che i ragazzi abbiano finito i lavori in stalla per fare colazione tutti insieme con latte appena munto e marmellate fatte in casa. Ancora una volta assaporo la cordialità di questa magnifica famiglia. Il tempo si fa sempre più nuvoloso e, dopo colazione, compaiono le prima gocce di pioggia che si fa via via più battente. Mi fermo anche a pranzo e, vista la pioggia torrenziale, decido di prendermi una giornata di riposo in questo piccolo paradiso che esercita una sorta di calamita e che faccio fatica a lasciare.

 

A lunedì prossimo !

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